L' Armata del Drago ~ Rpg by Forum

Vocare Pulvere ~ I Savi di Nemrod, [Esame di Passaggio Energetico - Lorkhan]

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view post Posted on 3/1/2018, 21:25
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Von Seamond
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Estratto da
LA PROVVIDENZA - BREVIARIO DEI LUOGHI SACRI DI VALAEL
[...]
Del Colle dei Templi abbiamo già parlato lungamente, di come era e di come è divenuto dopo l'arrivo delle genti di Celentir. Ma c'è un altro luogo di cui ancora non si è parlato e che in molti non conoscono, o fingono di non conoscere. Questo è il Cimitero dei Mai-Nati, un nome che non forse non rende pienamente giustizia al luogo di cui parlo; esso si trova all'interno del cimitero di Estel, posto proprio alle spalle del Colle dei Templi. All'interno di quello spazio, recintato da una inferriata d'acciaio livido come la pece, scendendo il clivo oltre le tombe senza nome, le piccole cappelle in marmo e le lapidi più o meno antiche, si raggiunge quello che un tempo era considerato un terreno sconsacrato, e pertanto adibito a luogo di sepoltura di coloro che sono morti lontani dalla grazia degli Dei. Nel corso delle mie ricerche, tuttavia, ho avuto modo di raccogliere parecchie storie riguardo ciò che questo luogo ha ospitato nel corso del tempo, ben prima che Estel venisse colonizzata - per così dire. Ad esempio, alcune vecchie cronache narrano di una terribile sventura...

~

Un rumore sinistro sorprese l'uomo proprio mentre stava per accingersi a scrivere il continuo di quel paragrafo sui cimiteri di Estel la cui preparazione, tra ricerche effettuate sui libri e accertamenti sul campo, aveva richiesto più tempo e notti insonni di quanto avesse pronosticato.
Posò la piuma d'oca accanto al calamaio, quindi si alzò in piedi - accompagnato dallo stridere della sedia contro il pavimento -
e raggiunse la finestra in punta di piedi. Fuori, più che piovere, diluviava. Ascoltò lo scrosciare dell'acqua contro la finestra, osservando le gocce che colavano lungo il vetro e si stupì della pozza d'acqua ai suoi piedi. Da dove era entrata? Possibile che gli infissi potessero far filtrare tanta pioggia senza che lui se ne accorgesse?

Non fece in tempo a darsi una risposta, la sua attenzione venne focalizzata interamente in un bagliore che arrivava da distante, una luce intermittente che sembrava provenire da una delle alture della cittadella, forse proprio dal Colle dei Templi.
La sua mano destra scivolò fra le pieghe del caffettano azzurro che indossava, aggrappandosi all'amuleto che portava in tasca e accarezzandone i bordi d'onice e il bassorilievo che, come in un cameo, riproduceva le fattezze di Aleena.
Sorrise della sua stessa superstizione, probabilmente non era nulla di importante, magari un fuoco o una luce di segnalazione.
Sotto quella pioggia - e con quel vento?
Di nuovo, non riuscì a rispondere.

Un picchettare sommesso, come un ciottolo che sbattesse ripetutamente - quasi senza forza - contro il vetro.
Abbassò lo sguardo, poi lo sollevò di nuovo, senza vedere nulla, se non il solito bagliore intermittente. Infine, lo vide: un arto bendato, una mano chiusa in un pugno che veniva verso di lui.
Il vetro andò in frantumi, in gran parte rovinandogli addosso. Shokav, però, quasi non se ne avvide, preoccupato com'era della mano che gli stringeva il collo con tanta forza da riuscire a sollevarlo da terra. Una mano insanguinata, avvolta da bendaggi che risalivano per tutto il braccio, fino a perdersi sotto le vesti che coprivano il suo assalitore, sospeso fuori dalla finestra del secondo piano della taverna.
Osservò le bende, sporche di sangue rappreso e pus. Osservò il volto deforme che gli stava davanti,
la pelle tumefatta delle guance, il naso quasi del tutto mancante. Osservò gli occhi, grandi e gialli, simili a quelli di un serpente.

« Chi sei? C-cosa... Vuoi da me? » osò domandare.
« Sono venuto a prenderti. »

Poi non vide più nulla.
Solo l'oscurità.



ZdMLUr6

Era di notte e di ghiaccio, freddo di tormenta e pioggia battente, acqua ovunque e vento che fischiava nelle orecchie le più sordide minacce. Era di notte, i colori erano il nero delle tenebre che sfidava a mani nude la falce d'argento della luna, una lotta impari che presto avrebbe assistito i primi caduti. Era di notte, e tutto tornava in uno scenario perfetto per quella notte, per quella pioggia, per quei colori: uno scenografo divino, il demiurgo dell'epos li aveva radunati lì, nel cimitero della cittadella, durante una notte d'inverno fra la pioggia e il dolore dei caduti nell'ultimo dei cimiteri - in mezzo a quei fantasmi che erano gli ultimi tra gli ultimi, indesiderati persino tra gli spiriti dolenti di quella terra: i fantasmi dei mai nati, nel cimitero che nessuno aveva mai avuto intenzione di dedicare loro, ma che loro si erano presi,
minacciando e irridendo chiunque avesse provato a spodestarli - e così faranno per tutti i secoli dei secoli.
Qualcuno sussurrò un Amen, ma tutti fecero finta di nulla.

Erano nove, ognuno sgusciò fuori da dietro una lapide, ognuno agghindato secondo il proprio credo, la propria cultura, gli usi della propria razza. Erano nove e perfino gli spettri si pentirono di essere nati... pardon, di essere morti proprio lì, seppelliti dove ora si compiva il raduno di coloro che erano temuti dalla Paura, esseri di cui aveva orrore perfino l'Orrore stesso. Personificazioni degli incubi che uscivano da sotto i comodi e caldi giacigli per ghermire i fanciulli e trascinarli, strepitanti e ancora intontiti dal sonno, nel regno del buio da cui non sarebbero mai riusciti a fuggire, tramutati in nient'altro che piccoli, deformi abiezioni, dimentiche di ciò che erano stati da vivi, ma non per questo meno attaccati all'idea di un ritorno impossibile. Una sofferenza inenarrabile ed eterna.

Erano nove e tutti si strinsero intorno all'altare, recitando ad una voce
le parole che avrebbero dato vita al concilio.
« Vocare Pulvere. »

Era di notte ed erano nove.
I Savi di Nemrod.


Benvenuto al tuo esame per l'Energia Verde. Non voglio essere ridondante rispetto al tuo addestramento iniziale,
quindi eviterò di riproporti in questa sede tutti i consigli che ti sono stati dati all'inizio di quella giocata. Se ne hai necessità,
puoi sempre andare a recuperarli. I consigli che personalmente sono in grado di darti, sono i seguenti: impegnati, non avere fretta e rileggi sempre prima di postare. Per il resto, ricorda che è un esame, quindi dai il meglio - e soprattutto divertiti.
Passiamo alle indicazioni: la scena che apre il post è un flashback. Quella descritta nella seconda parte del post, invece,
è quanto sta accadendo nel cimitero dei Mai-Nati proprio in questo momento. Nello stesso istante, il tuo personaggio si trova all'interno del Cimitero di Estel (di cui il Cimitero dei Mai-Nati fa parte, almeno nominalmente). Sei troppo distante per assistere a quanto descritto, ovvero alla riunione dei Nove. Tuttavia, in questo primo turno potrai descrivere come e perché il tuo personaggio ha deciso di recarsi al cimitero: hai la massima libertà a riguardo, ma se dovessi avere delle perplessità,
puoi sempre contattarmi in privato.
Unica reale indicazione, per ora: sei dentro al cimitero, descrivi perché sei lì, presenta il tuo personaggio.
 
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.:Lorkhan:.
view post Posted on 4/1/2018, 21:34




Narrato - Parlato - Pensato - Altri

Era passato poco più di una manciata di giorni quando Nimarekh era tornato da quella particolare caccia in cui aveva visto la "morte" di uno dei suoi compagni. Era stata un fallimento, secondo le vie ufficiali, ma non per il Drow. Aveva messo le mani su di un particolare diario che, suo malgrado, non era ancora riuscito ad analizzare. Non ne aveva avuto tempo. Le circostanze erano cambiate. La Grande Biblioteca, in sua assenza, gli aveva accumulato una discreta dose di lavoro. No, non era questo che lo aveva impedito negli studi. Lui, un Elfo Scuro, non aveva bisogno di preoccuparsi delle ore, dei giorni, delle Ere che passavano. Sarebbe potuto stare anni nella Biblioteca a lavorare senza rischiare di intaccare i suoi studi. Il Tempo non lo avrebbe piegato. E allora cosa? In quell'avventura aveva provato una sensazione di impotenza, di paura. Morte violenta. Nonostante la sua mente fosse forte, e il suo organismo poteva reggere gli attacchi del Tempo, nulla avrebbe potuto contro degli artigli alla gola o una lama nel petto. Stava nel suo studio da quando era tornato da quella spedizione, davanti al Libro Nero, a rimuginare, a pensare. Era in uno stato quasi catatonico, intervallato da momenti di crisi di panico e raptus violenti. Si sentiva come se da un momento all'altro sarebbe potuto morire, sparire nell'oblio, dimenticato. No, i suoi studi erano troppo importanti per rimanere incompleti, la sua conoscenza dell'Arcano non aveva ancora toccato l'apice. Non era ancora padrone della Magia. Non poteva e non doveva rischiare la sua vita in modo così patetico, eppure sapeva bene che la protezione delle mura della città avrebbe limitato comunque la sua conoscenza, senza nemmeno salvaguardarlo dai pericoli interni. L'assassinio di Padre Nox era un chiaro segnale della morente sicurezza della Città. Uno sgarro alla persona sbagliata e sarebbe potuto finire con una lama nel collo. Se ne stava avvolto nel suo abito lussuoso a borbottare fra se. Doveva ovviare a questo ostacolo, ma come? Un qualche incantesimo che mi renda più duro del ferro. No, morirei di stento a furia di far circolare una tale massa Magica nel mio corpo.
Fogli scarabocchiati da parole incomprensibili ai più, simboli che sembravano frutto di un ubriaco, e annotazioni cancellate in modo talmente pesante da rompere la carta addobbavano lo studio del Mago. Doveva trovare una soluzione duratura, permanente ed efficace, che non comportasse l'utilizzo della Magia in modo continuo da parte sua. Ebbe, finalmente, un'idea tanto malsana quanto perversa.

Rania.

La ragazza dagli occhi cremisi aveva incontrato Nimarekh per caso, guidata dalla curiosità per il diario del suo vecchio Maestro. Un maestro così particolare da compiere degli studi sulla rianimazione dei Morti. Aveva visto qualcosa di analogo nel suo combattimento contro Chrono, che prima gli aveva scagliato contro un Non-Morto. Nimarekh si massaggiava la fronte mentre una piccola candela posta sulla spessa scrivania in legno faceva danzare la sua ombra sulla parete alla quale il Mago aveva affisso delle assi in legno per tramutarla in una libreria. Nimarekh aveva letto alla sfuggita il diario di quella ragazza, nel tradurlo si ricordava poche cose, non certo abbastanza da compiere degli studi. Doveva ottenere altre informazioni. Il maestro di Rania si stava occupando di resuscitare i Morti, dalle poche pagine che Nimarekh aveva letto. Il diario era però abbastanza folto, sicuramente celava dell'altro. Ma, per il momento, anche solo resuscitare i morti sarebbe potuto bastare. Un primo esercizio, una sorta di riscaldamento per quello che sarebbe venuto dopo. Il Drow osservava le vorticanti pagine del Libro Nero. Presto si sarebbero riempite di empia conoscenza. Un sorriso che colava un misto di follia e perversione si andò a dipingere sul volto dell'Elfo.
Nimarekh si strinse nella veste ed indossò un cappotto. Con un soffio breve e deciso spense il piccolo lume che lo aveva accompagnato in quella nefasta riflessione. Uscì dalla comodità del suo appartamento, gettandosi in pasto alla gelida notte. Stava diluviando, il vento scagliava la pioggia con violenza contro chiunque fosse stato così sciocco da uscire in una notte del genere. Per le strade vi era poca gente, la quale stava cercando un riparo o di raggiungere la propria dimora il prima possibile. Solo uno stava affrontando quella tempesta. Solo uno. Avanzava a passo spedito nonostante la forza del vento lo rallentasse e la pioggia lo colpisse come fosse una frana, verso il Rione Nord. Il clima era perfetto. Pioggia battente, vento forte, sferzate di gelo che avrebbero piegato la volontà di chiunque a mettere il naso fuori dall'uscio di casa. Il clima perfetto per una ragazza apprendista di un Negromante per fare un po' di pratica. Nimarekh si stava dirigendo al cimitero. Era lì che sperava di intercettare Rania. Aveva sentito delle voci su quel luogo. Voci di spiriti, classiche voci sui cimiteri alle quali il Drow non dava troppa importanza. Aveva appena superato il Colle Dei Templi, il Cimitero era poco distante. Ne scorse l'ingresso e lo varcò senza troppi complimenti. Si arrestò. Sotto la fragorosa forza dell'acqua e del vento. Lui si fermò. Era uno spettacolo completamente diverso rispetto al giorno. Le lapidi più che infilate nel terreno avevano l'aria di fuoriuscirne, come se fossero radici troppo potenti per rimanere nel sottosuolo e lo squartavano per conquistare la superficie. Il Drow si muoveva, a passo lento, fra le lapidi e i tumuli dalle varie forme e dimensioni, in cerca di una qualche figura che potesse essere riconducibile a Rania. Non vide nulla. Forse era stato avventato. Con che probabilità avrebbe incontrato una ragazza in un cimitero durante un nubifragio? Non sapeva nemmeno se Rania fosse intenzionata a proseguire gli studi del suo maestro.
Si... lo era. Erano simili. Nimarekh lo aveva capito, glielo aveva letto in quegli occhi scarlatti. Cercava conoscenza, cercava potere. E non si sarebbero fermati davanti a nulla. E Nimarekh lo sapeva bene. Avrebbe cercato conforto al suo timore in una delle più macabre branche della Magia: l'arte della Negromanzia. Gli studi del Maestro di Rania sarebbero stati l'inizio, un primo assaggio di quello che lo aspettava. Riprese il suo vagare spettrale nel cimitero posando, di quando in quando, i dardeggianti occhi rossi sulle lapidi senza alcuna incisione.

Condizioni Fisiche: Bagnato - Infreddolito
Condizioni Mentali: Poco lucido
Mana: 100%
 
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view post Posted on 5/1/2018, 10:13
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Nella notte nove spettri, nove anime in clausura,
anche il vento ne ha paura, soffia soffia a denti stretti.
E se il buio ancora dura non esiste sinecura:
sono corsi via dai letti, nella pioggia nove spettri.


« Dovresti smetterla con queste filastrocche. »
« Lo so, fanno paura. Per questo mi piacciono. »



Il più antico di loro prese la parola. Indossava una maschera d'argento, la sua voce dagli accenti cupi risultava metallica,
rimbombava come una minaccia sospesa nel silenzio.
« Amici miei, miei fratelli. Il momento è vicino. »
Allargò entrambe le braccia, abbracciando simbolicamente l'uditorio. Tutti sussurrarono qualcosa d'incomprensibile, poi tornò la quiete. Egli riprese a parlare. « Presto metteremo fine al male che ci affligge. Avete recuperato il corpo? »
Due di loro si mossero all'unisono, venendo avanti. Uno era alto, il corpo massiccio ed imponente faticosamente nascosto nelle pieghe del mantello; i lunghi capelli corvini oscillavano al soffio del vento. L'altro, dalla corporatura più esile, simile a quella di un ragazzino, reggeva quello che a tutti gli effetti sembrava un cadavere: il corpo di un essere umanoide dai lunghi capelli rossi. L'unico dettaglio che poteva metterne in dubbio la dipartita erano gli occhi, rossi anch'essi e ancora aperti, vivissimi seppure immobili, come spalancati su un mondo che agli altri non era dato vedere.

Il corpo venne adagiato sull'altare, mentre l'Antico annuiva da dietro la sua maschera.
La voce risuonò ancora.
« Non è nelle migliori condizioni » commentò. « C'è una spiegazione? »
« C'è stato un imprevisto. Anzi, due. Quell'imbecill-- »
« Chi ti ha concesso la parola, Impuro? » lo interruppe la voce metallica, in tono adirato. « Ho rivolto la mia domanda ha chi ha titolo per parlare. Quanto a te, infima creatura, ricorda che l'unica ragione per cui sei ammesso qui è perché ci hai condotti fino a lui. »
Dunque l'Antico si volse verso il più alto dei due.
« Parla dunque, Consacrato. »

L'uomo in nero si fece avanti, mostrando il proprio volto dalla pelle nera, come carbonizzata, solo saltuariamente attraversata da quelle che sembravano fenditure scarlatte, come se il magma ribollisse sotto la sua pelle d'ossidiana.
« Un uomo delle casate si è messo di mezzo, abbiamo dovuto combattere. Noah ha provveduto. »
L'Antico rise, ma era una risata che traboccava disgusto.
« Sordide, patetiche creaturine » sentenziò, poco dopo. « Voglio sperare che non lo abbiate lasciato in condizioni troppo gravi. »
« Nulla di cui preoccuparci. »
Di nuovo, l'Antico annuì - e così fecero tutti gli altri presenti. Poi, fece un passo in avanti, avvicinandosi all'altare ed esaminando con maggiore cura il corpo che lì era deposto. Era ancora lì, chino su quelle membra mezze frollate quando, distintamente, tutti avvertirono un rumore. Nove teste si voltarono all'unisono, nove paia d'occhi scrutarono l'oscurità. Le orecchie tese, i nervi pure. Quel loro conciliabolo prometteva di finir male, se qualche estraneo fosse intervenuto.

Da dietro una lapide venne fuori un elfo oscuro. Non sembrava interessato a loro, inizialmente non li guardò nemmeno: si limitava a vagare per il cimitero, attività di per sé discutibile ma non pericolosa per loro - e nemmeno per lui, se solo non fosse giunto nel momento meno propizio.
Tutti i convenuti si ritrassero di colpo, mentre l'Antico copriva il cadavere con il suo mantello. Poi, ognuno mormorando la solita formula - Vocare Pulvere - uno dopo l'altro scomparvero. Tutti, meno i due che erano - e rimasero - in piedi di fronte l'altare: il Consacrato e l'Impuro. Fu il primo dei due a parlare, richiamando l'attenzione dell'elfo e andandogli incontro.

« Chi sei? E cosa cerchi in questo luogo? » domandò, con voce irritata ed un tono che aveva il peso di un comando. Non si trattava di qualcuno abituato a vedere evase le proprie domande, questo lo avrebbe intuito anche un bambino. Solo che un bambino, per sua fortuna, non se ne va in giro di notte in mezzo alle lapidi,
e questo lo preserva dalla sventura che era appena capitata a quell'elfo:
incontrare l'uomo nero.


Direi che i tempi sono maturi per entrare nel vivo dell'azione. Sta a te interagire come meglio credi con la coppia di personaggi che hai di fronte. Ricordati di non essere autoconclusivo. Come sempre, sono a disposizione per eventuali domande.
 
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.:Lorkhan:.
view post Posted on 11/1/2018, 18:55




Nimarekh vagava per quel tetro cimitero, con la sola compagnia della pioggia e del vento, le tenebre come protezione e la follia come guida. Non aveva scorto nessuno, non vi era traccia di attività, era solo con gli spiriti di quel luogo. Ormai non faceva quasi più caso all'acqua che gli franava addosso, era diventato un tutt'uno con quel macabro ambiente fatto di lapidi marmoree, cadaveri e aria pesante. Si, nonostante il vento e il forte acquazzone si percepiva una strana sensazione nell'aria, era densa e pesante.
Il Drow si muoveva a casaccio, senza una meta. Delle volte girava a destra, altre proseguiva dritto, voltava a sinistra, delle volte tornava sui suoi passi e prendeva la direzione opposta. Serpeggiava fra le tombe del cimitero mosso da chissà quale delirante motivazione, sembrava essersi perso. No... non si era perso. Stava cercando, indagando, assaporando l'aria di oscurità e malevolenza che impregnava quel luogo. Se ne stava nutrendo, la stava gustando, quasi come un serpente che sfrutta la lingua per carpire le molecole di odore della sua preda. Nimarekh stava facendo altrettanto: Pregustava il pasto imminente. Ormai la sua era diventata una passeggiata di piacere, era ben chiaro che non avrebbe mai trovato la persona che cercava. Le aveva dato appuntamento nel suo studio ma, da allora, non l'aveva più rivista.
Poco importava, avrebbe trovato un modo di recuperare le informazioni che cercava. La solitudine di quel cimitero iniziava a rilassare il Drow, andando via via a calmarne i pensieri e riportarlo verso la razionalità.
Chi sei? E cosa cerchi in questo luogo? Disse una voce ferma, decisa, quasi con tono di comando ma con una certa irritazione nel tono. Nimarekh rallentò il passo, lentamente, fino a fermarsi. Si voltò verso il luogo dal quale doveva essere giunta la voce. Vide le sagome di due figure: La prima, dal fisico particolarmente alto e massiccio, aveva dei capelli che venivano mossi dal forte vento, a differenza di quelli di Nimarekh che erano talmente bagnati da risultare troppo pesanti per essere mossi dal vento. Andò in direzione dell'Elfo con fare quasi intimidatorio, nel tentativo di intercettare il suo cammino.
Chi sono non ti interessa e ciò che vado cercando non lo puoi comprendere.
Rispose ancora più fermamente Nimarekh, tendendo in avanti il braccio e aprendo il palmo facendo segno di fermarsi all'imponente uomo.
Non aveva tempo da sprecare in stupide domande o in convenevoli. Non poteva certo svelarsi a tutti. Solo allora osservò meglio la seconda figura, che si rivelò assai più minuta di quella che andava verso il Mago. Nimarekh respirava a pieno polmoni l'aria carica di umidità. Si sentiva forte. L'ambiente era dalla sua parte, avrebbe potuto scatenare tutta la sua potenza e distruggere chiunque avesse cercato di fermarlo.
Fammi proseguire il mio cammino e non avremo problemi.
Disse il Drow.
Il suo non era un tono di minaccia, anzi, sembrava estremamente tranquillo nel pronunciare quelle parole. Scorse, attraverso le due figure, quello che sembrava una sorta di altare improvvisato. L'espressione pacata e disinteressata del Drow mutò in un ghigno e gli occhi cremisi si accesero. Tu piuttosto, cosa stai combinando?
Chiese Nimarekh con tono incuriosito al losco personaggio che, molto probabilmente, non si trovava in quel cimitero per fare visita a qualche caro defunto. Non si aspettava una risposta, non dopo che lui stesso gliel'aveva negata, ma poco importava. Lo stava stuzzicando. Voleva vedere quell'altare ma, in cuor suo, sapeva che chiedere il permesso sarebbe servito a ben poco, se non nulla.

 
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view post Posted on 12/1/2018, 19:04
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"Tutte le persone timorose minacciano con facilità: sentono che le minacce avrebbero un grande effetto su di loro."

(Charles-Louis de Montesquieu)



« Fammi proseguire il mio cammino e non avremo problemi. »
Un'uscita infelice, se mai ce ne sia stata una.

La frase del drow non piacque al Consacrato, ma ancora meno all'Impuro. Fu proprio quest'ultimo a farsi avanti, caracollando con il passo sghembo che gli era proprio e piazzandosi a gambe larghe - pur non risultando propriamente marziale, vista l'esile figura - tra i due esseri che sembravano già essere giunti allo scontro verbale.
L'Impuro - Noah era il suo nome, ma ormai da tutti veniva indicato come il piagato o, per l'appunto, l'impuro - guardò prima lungamente Nimarekh, poi il suo sodale. Gli risultavano incomprensibili quelle parole, specie se rivolte a chi, con un gesto, avrebbe potuto porre fine alla triste esistenza di quell'ammasso di carne intirizzita dal vento e dalla pioggia.

Tornò a guardare il drow, con aria interrogativa, poi si decise a parlare, rivolgendosi al Consacrato.
« Ti ha minacciato? » domandò, prima di rivolgere la medesima domanda a Nimarekh: « Lo hai minacciato? A me sembrava una minaccia. »

Il Consacrato sollevò la mano destra, ma più che intimare il silenzio sembrava stesse chiedendo una pausa.
« Non ha importanza, Noah. »
Poi, rivolgendosi al drow: « Non saranno quelle parole a preoccuparmi, così come non mi preoccupa chi le ha pronunciate. »
In lontananza, un lampo - e subito dopo il fragore del tuono- mentre un gioco di luci ed ombre rendeva una maschera grottesca il volto dell'uomo che stava parlando.
« Per tua sfortuna sei giunto in un luogo triste ed in un momento poco appropriato. »
Fece una pausa, occupata saggiamente dal ridacchiare dell'Impuro.
« Quindi mi dirai perché sei qui. Con la forza, se necessario » aggiunse, in tono imperioso, prima che la sua voce tornasse a modularsi in maniera più dolce. « Ma confido che tu non sia così stupido. »

Noah fece un cenno vago col capo, come a dire che non si sarebbe detto tanto certo dell'assenza di stupidità in quell'individuo. Fu però il Consacrato a parlare, di nuovo.
« Non essere tanto arrogante da credere che nessuno possa capirti. Se vaghi di notte in un cimitero, ci sono solo due cose che puoi andare cercando: la morte... »
L'Impuro capì dove sarebbe andato a parare e non seppe trattenersi.
« ...o la sua negazione. Vuoi per caso diventare immortale, piccolo pulcino nero? »

Il Consacrato atteggiò il viso ad un'espressione severa, infastidito dall'essere stato interrotto, ma non disse nulla. Anzi, guardò Noah con uno sguardo stranamente triste. Poi annuì, confermando quelle parole. In fondo - e lui lo sapeva bene - l'immortalità non era poi un grande affare, ma questo i mortali stentavano a capirlo. Temevano il giudizio delle divinità o la loro stessa fine, incapaci di accettare l'idea di non poter sopravvivere a loro stessi, avidi e ingordi di vita come di potere e denaro. Imbecilli - avrebbe voluto dir loro - la vita è bella proprio perché finisce.
Molto meglio calare il sipario, che assistere in sempiterno alla medesima sceneggiata - per altro di mediocre qualità.
Tutto questo però non lo disse, perché in fondo quell'accozzaglia di ridicoli cercatori d'immortalità, che si illudevano di poter diventare simili alla divinità semplicemente ingannando la Morte - erano il motivo stesso per cui esisteva Nemrod, e così i suoi saggi accoliti e sacerdoti.

« Parla. Potresti addirittura trovare ciò che cerchi. »
O il suo contrario. Gli immortali, come le divinità, non temono alcun giudizio. Sono ciechi al dolore, arroganti.
E per questo tanto più ben disposti a impartire le lezioni più dolorose, le uniche che valga la pena ricevere perché le sole che verranno ricordate.
Sempre.


Possiamo, per il momento, continuare con questo genere di interazione. Ovviamente, sei libero di agire come preferisci, senza essere autoconclusivo.
 
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